venerdì, gennaio 07, 2005

INK ON PAPER [recensioni]




LA SOTTILE LINEA BIANCA, di Lemmy & Janiss Garza (2004, 301 pg, Baldini Castoldi Dalai)
voto = **1/2

E’ difficile creare una miscela musicale che sia in grado di mettere d’accordo tutti: punk, metallari, rockers, hardcorers... i Motorhead, come ben saprete, sono uno di quei gruppi che ci sono riusciti. E continuano a farlo, a un quarto di secolo di distanza dalla loro fondazione. Certo, non saranno raffinati, innovativi, sensibili o stuzzicanti, ma... alla fine sono sempre lì ed è un piacere sapere di poter contare su di loro. Sulla cartucciera di Lemmy, sul suo Rickenbecker tonante, sui suoi porri, sulla sua voce al vetriolo e bourbon, su quelle canzoni ruvide che mischiano il blues, l’hard rock, il punk e il metal in un modo così semplice e basilare che nessuno riesce però a imitare appropriatamente.
E poi, Cristo santo, se escono libri di teste di sughero come Tommy Lee, spiegatemi perché il mondo non avrebbe dovuto godere di un’autobiografia di Mr. Lemmy in persona.
Di primo acchito, uno potrebbe anche essere scettico: il concetto, in sé, forse non è dei più allettanti. Ma è con grande delizia che vi annuncio che Lemmy sa scrivere e soprattutto è dotato di una notevole dose di ironia e spirito. Certo, la traduzione in italiano a tratti è zoppicante e penso che la versione in lingua originale sarebbe più godibile, ma accontentiamoci... anzi, ringraziamo e stupiamoci che un tale libercolo venga tradotto in italico idioma, dando così un seguito alla precedente uscita della bio dei Motley Crue (e già pareva una cosa strana!).
Da Lemmy cosa ci si può aspettare? Basta guardarlo in faccia ed è subito chiaro. Droga a pacchi, donne, comportamenti e abitudini che travalicano qualsiasi elementare regola socialmente accettata.
E noi lo vogliamo così: vagabondo imbottito di pasticche nei primi anni Sessanta, chitarrista in una cover band, poi bassista negli Hawkwind più per caso che per vocazione e – infine – cantante, bassista e fondatore del gruppo con cui ha raggiunto la notorietà.
Quello che colpisce è la quasi totale assenza di compiacimento da racconto al bar (un esempio opposto? Il libro dei Crue); Lemmy racconta una notevole dose di porcate, ma lo fa in modo che te lo immagini con quel ghigno da paresi e il tono tipo: “Sì, lo so, sono tutte cazzate... però le ho fatte. Passami lo speed che mi faccio una botta”.
Sì, diciamolo: non sarà un libro che ti cambia la vita, ma si fa leggere più che volentieri. E poi Lemmy ha il rock.
Voi forse no.

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